L’inaugurazione del
blog del nostro studio legale mi dà l’occasione di condividere
qualche riflessione proprio sulle nuove frontiere del “web 2.0”,
che vede come protagonisti i social network ed in generale tutti gli
strumenti di interazione tra utenti e siti web. Sono stato molto
colpito dalle dichiarazioni di Michael Slaby (lo “stratega”
dell’ultima campagna elettorale di Obama) ad un recente convegno
presso la Statale di Milano in cui si è parlato per l’appunto del
ruolo dei social network nella competizione elettorale Obama-Romney.
Secondo Slaby, una delle carte vincenti della campagna di Obama è
stata quella di aver compreso l’importanza del fattore aggregativo
offerto dai social network, Twitter in primis, e di averla sfruttata
per coinvolgere un vasto numero di elettori anche all’interno delle
fasce tradizionalmente meno interessate dall’agone politico. Si è
detto, forse anche troppo entusiasticamente, che la vittoria di Obama
sia stata la vittoria del web rispetto ai mezzi di comunicazione
tradizionali (basti pensare al fatto che nei duelli tv il Presidente
è apparso in affanno rispetto al suo avversario, ma questo non è
servito a spostare gli equilibri decisivi per il risultato finale); è
una semplificazione fin troppo evidente, ma che allo stesso modo
evidenzia in maniera quasi didascalica una possibile frontiera della
vita sociale prossima ventura: internet e il mondo reale di fatto
sono destinati a combaciare perfettamente, e i nostri “alias” o
“avatar” diventeranno nostre irrinunciabile propaggini. È una
prospettiva, questa, che nello stesso tempo incuriosisce ed inquieta,
soprattutto pensando alla nostra derelitta Agenda digitale ed alla
endemica arretratezza infrastrutturale in cui versa il nostro Paese
nel settore delle TLC. Se la nostra vita sociale e la nostra stessa
partecipazione come cittadini alla cosa pubblica sarà sempre più
influenzata dal web, come si può conciliare la nostra legittima
pretesa di essere parte della rete in maniera piena ed universale con
il cd. “digital divide”? Il problema è molto più concreto di
quanto non si possa immaginare. Basti pensare alle difficoltà di
connessione che ciascuno di noi deve affrontare quando ci si sposta
in treno, o quando si raggiungono località isolate. Se è vero che
internet ormai non è più che una seconda vita, ma coincide
esattamente con la vita reale, anzi per alcuni finisce per
rappresentare parte preponderante della stessa, forse si potrebbe
realmente immaginare un diritto universale alla connettività. Se né
è accorta anche la troppo spesso indolente ONU, che lo scorso 5
luglio 2012 ha approvato (a larga maggioranza) una risoluzione in cui
è stato sancito che la libertà di espressione e di informazione su
internet sono da considerarsi dei diritti fondamentali per gli esseri
umani. In altre parole, l’accesso ad Internet deve essere
considerato innanzitutto un diritto, ma anche un bene comune, cui
tutti dovrebbero poter accedere senza limitazioni di sorta. In tale
ottica, risulta ancora più intollerabile il cronico ritardo con cui
l’Italia si sta interfacciando con questa tematica; e non ci si
riferisce solo alla mancanza di hot spot gratuiti all’interno delle
nostre città, ma anche alla incredibile mancanza di connessioni
(anche solo telefoniche) nella stragrande maggioranza dei treni a
lunga percorrenza e in tutti i mezzi e gli esercizi pubblici.
Insomma, nonostante l’ONU, sembra proprio che nel nostro Paese il
tema della comunicazione digitale non riesca a suscitare le dovute
attenzioni. La politica, come al solito, glissa, senz’altro più
interessata agli aspetti meramente regolamentari che a quelli legati
all’importanza sociologica ed economica del fenomeno, e a nulla
sono servite alcune campagne sbandierate con un senzazionalismo,
quello sì, molto americano (qualcuno forse ricorda di chi parlò
delle tre “i” come chiave del successo della scuola pubblica…).
A mio parere, lo sviluppo del nostro Paese passerà necessariamente
da una decisa spallata al digital divide, ma ancora più
importante sarà la consapevolezza da parte di chi ci governa che
internet è un nodo cruciale non solo dal punto di vista economico ma
ancor di più da quello sociale, forse l’unico strumento che ad
oggi consente libero accesso alle informazioni e un pieno esercizio
della libertà di espressione e partecipazione.
Francesco Epifani
Associate BLB Studio Legale
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